Stefano
Benedetti ci racconta una vita dedicata a grandi passioni: la
fotografia, la scrittura, ma anche l'informatica e l'arte frattale.
Eclettico e in continuo fermento, ora sta curando contemporaneamente ben
quattro libri, che presto usciranno dal cassetto.
Che tipo di formazione hai avuto?
I miei studi sono stati di indirizzo tecnico (Elettronica industriale) e i libri letti al di fuori della carriera scolastica sono stati fondamentali per la mia formazione.
Non da meno lo è stata la musica, l’arte e ogni possibile momento di aggregazione e di amicizia. Però devo di più alla mia famiglia la cui ricchezza non è mai stata il censo, ma la nobiltà interiore.
Da quanto tempo lavori nell’ambito della fotografia?
Nell’ambito della fotografia professionale ufficialmente dal 1984, ma la mia passione risale a molti anni prima, quando da ragazzo andavo a fotografare le partite di calcio di quartiere, rincorrendo i giocatori lungo i bordi del campo perché non avevo un teleobiettivo.
Cosa è cambiato da allora?
Tutto è cambiato. Nel bene? Nel male? Non lo so con certezza. Certo è che molte figure professionali che allora esistevano sono in via di estinzione e che molte imprese sono scomparse o si sono riciclate adeguandosi alla nuova situazione. Già negli anni 80 avevamo intuito che l’introduzione del concetto digitale avrebbe decretato per sempre la morte del concetto di fotografia come riproduzione oggettiva della realtà. Le manomissioni, alcune possibili anche allora, oggi sono praticamente in numero tecnicamente illimitato e portano la fotografia sempre più verso un linguaggio, una rappresentazione artistica e non una copia fedele, inoppugnabile della realtà. Purtroppo il digitale alla portata di tutti (quello dei telefoni cellulari e di marchingegni simili) promuove sempre più il concetto ben espresso da George Eastman (fondatore della Kodak), che con lo slogan: “Voi premete il pulsante, noi facciamo il resto” sollevava il novello fotografo da qualsiasi responsabilità.
Le novità tecnologiche hanno agevolato il lavoro del fotografo?
Ci stanno facendo diventare pigri. Autofocus, calcolo automatico dell’esposizione, geo-localizzazione, flash in TTL automatico, zoom, che comodità! Fra un po' ci faranno anche il cappuccino! Il problema è che tutti questi automatismi stanno standardizzando il risultato con l’effetto che anche un incompetente fa una fotografia tecnicamente esatta, ma dal punto di vista linguistico, nel migliore dei casi, piatta e comune. È vero, le macchine più costose hanno la possibilità di agire in manuale, ma chi non rimane affascinato dal fatto che basta spingere il pulsante e la fotocamera fa tutto il resto?
Quali sono i 3 consigli più importanti per una bella fotografia?
Il primo consiglio è fatto parafrasando una frase: La tecnica giusta, nel posto giusto, al momento giusto. Il secondo consiglio è di non fare fotografie finché non cominciate a vedere. La maggior parte delle persone guarda, ma non vede. Accadono talmente tanti piccoli fatti eccezionali, ad esempio, durante una passeggiata che si potrebbe scrivere un libro soltanto con quelli. Cercate di notare i mille particolari di quell’Italia invisibile che vi circonda. Non vagabondate cliccando su tutto e su tutti, non serve a molto. Il terzo consiglio è di non trascurare la tecnica affidandovi agli automatismi della fotocamera. Per diventare dei validi fotografi bisogna studiare e molto. Fisica, chimica, informatica per il post processing, ottica e non ultimi semiotica, sintassi e composizione. Vi assicuro che ci può riuscire chiunque, non bisogna essere dei geni per capire, ad esempio, le relazioni che ci sono tra tempo di otturazione, diaframma e intensità luminosa. Quello che dovete acquisire è il senso della luce. La vera fatica è poi tradurre in pratica tutta la teoria.
Come mai hai deciso di scrivere un libro sull’argomento?
Veramente volevo scriverlo nel 1982, con l’intento di pubblicarlo, ma allora il sistema editoriale che avevo saggiato con un altro libro non ripose fiducia in quel ragazzo e così rinunciai. Attualmente ho deciso di scriverlo perché oggi è il sistema migliore per lanciare un sasso nello stagno e vedere che pesci vengono fuori.
Come si coniuga il tuo lavoro con la scrittura?
La scrittura mi dà quella forza, che a volte vien meno, con cui affrontare le avversità della vita. Scrivi se riesci a immaginare, ma se riesci a immaginare allora sei capace anche di farlo per superare le avversità che in quel momento avvelenano la tua serenità. È quindi un esercizio continuo di immaginazione dove cuore e ragione cooperano e questa attività è benefica per qualsiasi tipo di lavoro.
Scrivere un libro può diventare secondo te un'attività alla portata di tutti?
Rispondo alla maniera dei nostri nonni: sì, se hai piena la pancia. Nel mio lungo peregrinare non ho mai conosciuto persona che messasi a scrivere un libro subito è riuscito a guadagnare abbastanza da poter soddisfare i bisogni primari. Invece ho conosciuto persone che, nonostante le condizioni economiche disperate, sono riuscite a scrivere ugualmente buoni libri. Certo, le nuove tecnologie già stanno portando la possibilità di confrontarsi con i lettori anche per chi non ha mezzi economici idonei e sicuramente nell’immediato futuro chiunque potrà smettere di scrivere solo per se stesso e tirare fuori dal cassetto le proprie opere. Se davvero tutti gli italiani apriranno i loro cassetti, scopriremo che siamo un popolo di geni letterari o saremo inondati da un cumulo di immondizie? Non lo so. Staremo a vedere.
Qual è il tuo rapporto con la lettura?
Sereno. Leggo se ho voglia. Leggo se in mano ho un buon libro. Come si fa a capire se hai un buon libro in mano? Semplice. Leggi le prime dieci pagine e se all’undicesima le parole s’infrangono ancora sui tuoi occhi e non riescono ad arrivare al tuo cuore o alla tua mente, allora non serve leggerlo. Preferisco ancora il libro cartaceo, da tenere in mano, di cui sentire l’odore e il fruscio, insomma la corposità che il digitale non può dare. Questo però non significa che disdegno gli ebook, leggo anche interi libri su schermo senza alcun problema.
Hai già numerose pubblicazioni al tuo attivo?
Cinque allo stato attuale, ma questo non significa che io abbia scritto soltanto cinque libri. Alcuni non li ho ancora pubblicati e non so se lo farò mai, è certo comunque che attualmente sto lavorando su quattro libri contemporaneamente. Non è per entrare nel Guinness dei primati, è soltanto che magari oggi lavoro bene a uno, domani mi verranno in mente frasi per un altro. Agli amici che mi chiedono di che cosa tratterà il mio prossimo libro rispondo che non so quale finirò prima. Scrivere non significa forzare le proprie capacità, ma tenere viva quella fonte creativa che tutti abbiamo.
Quante sono state pubblicate tramite il self publishing?
Soltanto una finora è stata pubblicata da un editore in forma cartacea tradizionale nel 1997: Dall’altra parte degli occhi. Le pubblicazioni successive (Fiabe per adulti, Ritratti - poesie matematiche, Briciole di terra, Se il nero fosse bianco) si sono avvalse del sistema del self publishing.
Cosa pensi dell’editoria digitale? Gli ebook sono davvero una nuova opportunità per gli scrittori?
Se gli ebook non saranno dei meri contenitori virtuali vuoti o pieni di sporcizia e gli store si comporteranno in maniera limpida e onesta, allora questa nuova metodologia di lettura, oltre a essere un mero fatto commerciale, sarà l’occasione di portare in tutte le case un vento nuovo di cultura, finalmente non più in mano a un’elite privilegiata, ma a tutti coloro che lo meritano. Biografia
Stefano è nato a Roma. In questa antica e magica città è cresciuto e qui affondano le sue radici che non gli hanno impedito di aggirarsi un po’ per il mondo, tanto che oggi la sua saggezza è riassunta nella frase: ho girato e conosco la gente. Qui tra antiche vestigia e monoliti moderni ha completato il ciclo di studi di indirizzo industriale e ha cominciato a fare i primi passi nella fotografia professionale. Ha lavorato in storiche agenzie foto-giornalistiche rivestendo diversi ruoli: stampatore, fotografo, archivista. In tempi più recenti si è dedicato all’insegnamento della fotografia e dell’informatica professionale e ha tenuto seminari tematici. In tutto questo tempo però non ha smesso di scrivere perché la sua passione non si è mai spenta. Oggi in lui sono confluite tutte le esperienze di discipline diverse: fotografia, letteratura, informatica, arte frattale, pittura digitale. Questo fiume sta sfociando in una serie di pubblicazioni ogni volta di genere e tema diverso.
Leggi la recensione Leggi le prime pagine
Che tipo di formazione hai avuto?
I miei studi sono stati di indirizzo tecnico (Elettronica industriale) e i libri letti al di fuori della carriera scolastica sono stati fondamentali per la mia formazione.
Non da meno lo è stata la musica, l’arte e ogni possibile momento di aggregazione e di amicizia. Però devo di più alla mia famiglia la cui ricchezza non è mai stata il censo, ma la nobiltà interiore.
Da quanto tempo lavori nell’ambito della fotografia?
Nell’ambito della fotografia professionale ufficialmente dal 1984, ma la mia passione risale a molti anni prima, quando da ragazzo andavo a fotografare le partite di calcio di quartiere, rincorrendo i giocatori lungo i bordi del campo perché non avevo un teleobiettivo.
Cosa è cambiato da allora?
Tutto è cambiato. Nel bene? Nel male? Non lo so con certezza. Certo è che molte figure professionali che allora esistevano sono in via di estinzione e che molte imprese sono scomparse o si sono riciclate adeguandosi alla nuova situazione. Già negli anni 80 avevamo intuito che l’introduzione del concetto digitale avrebbe decretato per sempre la morte del concetto di fotografia come riproduzione oggettiva della realtà. Le manomissioni, alcune possibili anche allora, oggi sono praticamente in numero tecnicamente illimitato e portano la fotografia sempre più verso un linguaggio, una rappresentazione artistica e non una copia fedele, inoppugnabile della realtà. Purtroppo il digitale alla portata di tutti (quello dei telefoni cellulari e di marchingegni simili) promuove sempre più il concetto ben espresso da George Eastman (fondatore della Kodak), che con lo slogan: “Voi premete il pulsante, noi facciamo il resto” sollevava il novello fotografo da qualsiasi responsabilità.
Le novità tecnologiche hanno agevolato il lavoro del fotografo?
Ci stanno facendo diventare pigri. Autofocus, calcolo automatico dell’esposizione, geo-localizzazione, flash in TTL automatico, zoom, che comodità! Fra un po' ci faranno anche il cappuccino! Il problema è che tutti questi automatismi stanno standardizzando il risultato con l’effetto che anche un incompetente fa una fotografia tecnicamente esatta, ma dal punto di vista linguistico, nel migliore dei casi, piatta e comune. È vero, le macchine più costose hanno la possibilità di agire in manuale, ma chi non rimane affascinato dal fatto che basta spingere il pulsante e la fotocamera fa tutto il resto?
Quali sono i 3 consigli più importanti per una bella fotografia?
Il primo consiglio è fatto parafrasando una frase: La tecnica giusta, nel posto giusto, al momento giusto. Il secondo consiglio è di non fare fotografie finché non cominciate a vedere. La maggior parte delle persone guarda, ma non vede. Accadono talmente tanti piccoli fatti eccezionali, ad esempio, durante una passeggiata che si potrebbe scrivere un libro soltanto con quelli. Cercate di notare i mille particolari di quell’Italia invisibile che vi circonda. Non vagabondate cliccando su tutto e su tutti, non serve a molto. Il terzo consiglio è di non trascurare la tecnica affidandovi agli automatismi della fotocamera. Per diventare dei validi fotografi bisogna studiare e molto. Fisica, chimica, informatica per il post processing, ottica e non ultimi semiotica, sintassi e composizione. Vi assicuro che ci può riuscire chiunque, non bisogna essere dei geni per capire, ad esempio, le relazioni che ci sono tra tempo di otturazione, diaframma e intensità luminosa. Quello che dovete acquisire è il senso della luce. La vera fatica è poi tradurre in pratica tutta la teoria.
Come mai hai deciso di scrivere un libro sull’argomento?
Veramente volevo scriverlo nel 1982, con l’intento di pubblicarlo, ma allora il sistema editoriale che avevo saggiato con un altro libro non ripose fiducia in quel ragazzo e così rinunciai. Attualmente ho deciso di scriverlo perché oggi è il sistema migliore per lanciare un sasso nello stagno e vedere che pesci vengono fuori.
Come si coniuga il tuo lavoro con la scrittura?
La scrittura mi dà quella forza, che a volte vien meno, con cui affrontare le avversità della vita. Scrivi se riesci a immaginare, ma se riesci a immaginare allora sei capace anche di farlo per superare le avversità che in quel momento avvelenano la tua serenità. È quindi un esercizio continuo di immaginazione dove cuore e ragione cooperano e questa attività è benefica per qualsiasi tipo di lavoro.
Scrivere un libro può diventare secondo te un'attività alla portata di tutti?
Rispondo alla maniera dei nostri nonni: sì, se hai piena la pancia. Nel mio lungo peregrinare non ho mai conosciuto persona che messasi a scrivere un libro subito è riuscito a guadagnare abbastanza da poter soddisfare i bisogni primari. Invece ho conosciuto persone che, nonostante le condizioni economiche disperate, sono riuscite a scrivere ugualmente buoni libri. Certo, le nuove tecnologie già stanno portando la possibilità di confrontarsi con i lettori anche per chi non ha mezzi economici idonei e sicuramente nell’immediato futuro chiunque potrà smettere di scrivere solo per se stesso e tirare fuori dal cassetto le proprie opere. Se davvero tutti gli italiani apriranno i loro cassetti, scopriremo che siamo un popolo di geni letterari o saremo inondati da un cumulo di immondizie? Non lo so. Staremo a vedere.
Qual è il tuo rapporto con la lettura?
Sereno. Leggo se ho voglia. Leggo se in mano ho un buon libro. Come si fa a capire se hai un buon libro in mano? Semplice. Leggi le prime dieci pagine e se all’undicesima le parole s’infrangono ancora sui tuoi occhi e non riescono ad arrivare al tuo cuore o alla tua mente, allora non serve leggerlo. Preferisco ancora il libro cartaceo, da tenere in mano, di cui sentire l’odore e il fruscio, insomma la corposità che il digitale non può dare. Questo però non significa che disdegno gli ebook, leggo anche interi libri su schermo senza alcun problema.
Hai già numerose pubblicazioni al tuo attivo?
Cinque allo stato attuale, ma questo non significa che io abbia scritto soltanto cinque libri. Alcuni non li ho ancora pubblicati e non so se lo farò mai, è certo comunque che attualmente sto lavorando su quattro libri contemporaneamente. Non è per entrare nel Guinness dei primati, è soltanto che magari oggi lavoro bene a uno, domani mi verranno in mente frasi per un altro. Agli amici che mi chiedono di che cosa tratterà il mio prossimo libro rispondo che non so quale finirò prima. Scrivere non significa forzare le proprie capacità, ma tenere viva quella fonte creativa che tutti abbiamo.
Quante sono state pubblicate tramite il self publishing?
Soltanto una finora è stata pubblicata da un editore in forma cartacea tradizionale nel 1997: Dall’altra parte degli occhi. Le pubblicazioni successive (Fiabe per adulti, Ritratti - poesie matematiche, Briciole di terra, Se il nero fosse bianco) si sono avvalse del sistema del self publishing.
Cosa pensi dell’editoria digitale? Gli ebook sono davvero una nuova opportunità per gli scrittori?
Se gli ebook non saranno dei meri contenitori virtuali vuoti o pieni di sporcizia e gli store si comporteranno in maniera limpida e onesta, allora questa nuova metodologia di lettura, oltre a essere un mero fatto commerciale, sarà l’occasione di portare in tutte le case un vento nuovo di cultura, finalmente non più in mano a un’elite privilegiata, ma a tutti coloro che lo meritano. Biografia
Stefano è nato a Roma. In questa antica e magica città è cresciuto e qui affondano le sue radici che non gli hanno impedito di aggirarsi un po’ per il mondo, tanto che oggi la sua saggezza è riassunta nella frase: ho girato e conosco la gente. Qui tra antiche vestigia e monoliti moderni ha completato il ciclo di studi di indirizzo industriale e ha cominciato a fare i primi passi nella fotografia professionale. Ha lavorato in storiche agenzie foto-giornalistiche rivestendo diversi ruoli: stampatore, fotografo, archivista. In tempi più recenti si è dedicato all’insegnamento della fotografia e dell’informatica professionale e ha tenuto seminari tematici. In tutto questo tempo però non ha smesso di scrivere perché la sua passione non si è mai spenta. Oggi in lui sono confluite tutte le esperienze di discipline diverse: fotografia, letteratura, informatica, arte frattale, pittura digitale. Questo fiume sta sfociando in una serie di pubblicazioni ogni volta di genere e tema diverso.
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